

“Mi è sempre piaciuto il deserto. Ci si siede su una duna di sabbia. Non si vede nulla. Non si sente nulla. E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio.“
(Antoine de Saint-Exupery)
Anni fa visitai gli Emirati Arabi e come sempre ciò che più ricordo con fervore sono stati gli “incontri” (oltre che con la realtà locale) in solitaria con i paesaggi che mi capitavano a tiro.
Inutile dire che all’infuori del materialismo e dello scintillio commericale di Dubai, risiede una pace e uno splendore naturale che nulla avrebbero da invidiare a nessun’altra beltà.
Si tratta dell’immenso deserto di Dubai, dove i colori ocra e oro non hanno bisogno del benchè minimo filtro; laddove occhi e sguardo si perdono di fronte a una vastità così infinita, così silenziosamente perfetta, così maestosa.
Ma come sempre amo ricordare, paesaggio e meta sono poca cosa in confronto al viaggio compiuto per giungerci. E che viaggio, ancor ora mi vengono i brividi!
E’ proprio una volta arrivati in pieno deserto che inizia infatti l’esperienza più divertente, quando assieme al fidato zainetto e alle sole gambette si inizierà a salire e scendere dalle dune rosse di Al Hibab, un vero paradiso idilliaco per gli amanti delle montagne russe, del surf, dell’adrenalina a manetta; un vero ‘omaydaymayday’ per coloro che invece soffrono del mal d’auto e sono pronti a vivere delle esperienze memorabili, ma anche a maledire qualsiasi cosa in quel momento di possa avere la possibilità (assai remota) di riconoscere (in preda di ululati e di urli da film horror).
Ebbene sì, perchè i guidatori più esperti non mancano mica di folle fantasia: su e giù per dirupi ripidissimi, come adolescenti in preda al loro nuovo giochino si incaponiscono con ruote e giri panoramici senza mezze misure, impennando con tanto di musica ‘tuz tuz’ estrema e sterzando come se non esistesse altro modo di guidare che quello alla “Fast and Furious” orientale.
Una vera giostra di emozioni oltrechè di scongiuri e di frenesie, ma all’ennesima discesa a mille all’ora e all’ennesimo ‘aiuto oddio ma chi me lo ha fatto fare mannaggiaaa!’, finalmente una consapevolezza: ci si ferma insieme alla scorribanda complice del tuo momento glorioso e avventuroso e si tira un respirone di sollievo e ogni paura scivola via come neve al sole non appena si torna a toccare ‘terra’.
Giusto qui se clicchi su ‘dubai’ ti preparerai a capire ciò di cui sto parlando…
Insomma, dopo questa bomba adrenalinica, il traguardo al calar del sole è unico e ricompensa di tutti gli scompensi cardiaci in atto: l’arcobaleno di colori dorati tra mille sfumature di oro e di rosso non ha eguali. Come una tavolozza dipinta da un artista puoi disegnare le dune e vederci riflessi anche i colori più offuscati e con loro i tuoi pensieri più reconditi.
Dev’essere proprio questa la sensazione di pace tanto contemplata ed auspicata dai viaggiatori nomadi: un senso di profonda riconoscenza verso tutto il Creato, quella piacevole scoperta di sentirsi immensamente connessi con il qui e l’ora, mentre il contorno e la mente si perdono in un unico tutt’uno.
L’esperienza tra le dune continua fino a sera, dove il buio pesto si fa improvviso e gelato, dove l’escursione termica non conosce certo vie di mezzo.
Così proseguiamo la gita in accampamenti dei tipici beduini, ricchi di tappeti colorati, di tavole imbandite di riso e di mille spezie, di donne che danzano danze ‘tannura‘, di allegre truccatrici che espongono soddisfatte i loro tatuaggi hennè, insomma, un vero e proprio mix di giochi, suoni e colori.
Che vuoi uscire dal deserto senza aver prima allegramente dialogato con tipici beduini e aver condiviso con loro il tipico shisha, comunemente conosciuto come narghilè?
E no eh! Eccovi una riprova del misfatto:

Che poi da non fumatrice non ho mai amato i ‘fumi’, ma assicuro sulla bontà di quel gusto alla mela e cannella. ooooommmmmh.. Un soffice momento di relax dei più veri, che mette pace anche al cuore dei meno impavidi.
Devo ammettere che il deserto di notte- privato di ogni minimo tassello di luce- trasmette un senso di timore non da poco, ma allo stesso tempo affascina e incanta anche i più scettici alla magia.
A fine serata, al calare del sole, si tornerà ai bagliori di Dubai, segnale che il rientro in hotel è ormai vicino.
Ma vuoi mica perderti l’ultima estrema avventura del rientro? Qualcosa può mai essere del tutto semplice e lineare per me? Giammai!! Tanto si fa che la nostra folle jeep buca una ruota, e quindi bisognerà attendere un bel pò prima che il nostro amato autista- in quel momento imprecando in ottomila dialetti beduini non so bene che cosa ma immaginate- risolva la situazione da bravo aggiustatutto self-made.
Eh si, perchè se non ti fai le ossa nel deserto, dove te le fai?
Questa è stata una delle tante meravigliose e forse un pò buffe avventure che mi son capitate fra tanti viaggi portati (stranamente) a termine nella mia lista di Ricordi indelebili.
Di fronte a mesi e mesi di comfort zone in casa a causa di una quarantena causata da pandemia Covid, mi sovviene alla mente l’immagine ben chiara e vivida di quel mare di granelli color ocra sfumati dal vento e quel silenzio che voleva dire tutto e che sapeva sussurrarmi piano un’ennesima sacra verità:
“Viaggiare nel deserto significa camminare nella nostra solitudine per imparare a dar valore anche alle più piccole cose.”
Ora sì, forse lo so. Anche la solitudine ha la sua gloria, il suo incanto, la sua notte improvvisa e senza via d’uscita, il suo senso più temuto, la sua benevolenza: la capacità inconfutabile e assoluta di saper rimettere a posto ogni pepita di sabbia al suo luogo. Esattamente lì, dove doveva STARE.
Perchè mi piace pensare che sì, in quello spazio indefinito e inafferrabile che è il deserto assolato vi giaccia qualche granello di polvere che si trova esattamente dove sognava, esattamente con chi voleva.
E se lo ha fatto l’immenso deserto, dopo millenni di grande Storia, possiamo concentrarci a farlo poco alla volta tutti noi. In un minuzioso sacro Silenzio nella nostra preziosa Esistenza color ocra.

