Vulcanica, selvaggia, ventosa, soleggiata, libera, gioiosa e sensuale.
L’isola di Fuerteventura in estrema sintesi può definirsi con queste caratteristiche.
Ma è la piccola Isola vulcanica Los Lobos a incantare ancor di più gli occhi e le menti: una mini isola deserta divenuta riserva naturale dal 1982.
Nonostante la sua superficie ridotta, è un vero concentrato di specie protette.
Si tratta di uno dei territori meglio conservati delle Isole Canarie soprattutto perché è un’isola disabitata e grazie all’ingresso controllato dei turisti.
Qui è la Natura a fare da protagonista assoluta dell’intera vita nell’Isola: silenzio, mare cristallino, onde che si infrangono sul terreno di origine vulcanica, strade assolate e saline sparse qua e là.
Passeggio distinta facendomi conquistare dalla semplicità e dalla straordinaria varietà paesaggistica di questo territorio, scorgendo terre lunari, deserti di dune bianche, rocce scure vulcaniche fino a spiagge chiare contorniate da mare limpido, azzurro e freddo.
Vago spensierata verso le grandi pale eoliche che contraddistinguono parte del brullo terreno mentre una sfilza di van curiosi sopraggiunge all’orizzonte in cerca del prossimo spot per cogliere l’onda perfetta dove un gruppo di surfisti accorrerà entusiasta. Eccomi finalmente attorniata dal mio elemento più caro: la Natura, in tutte le sue numerose, misteriose e spaventose forme. E qui, in un piccolo spazio racchiuso fra rocce ed acque saline, mi riparo momentaneamente dal vento e chiudo gli occhi per meditare e sentirmi grata, estremamente felice per sentirmi Viva in quel turbinio di mondo selvaggio, dolce e inquieto, a tratti ancora vergine e incontaminato.
Qui, in quel preciso istante, respiro il tempo sospeso e non mi sento più persa. Serena, mi commuovo in un pianto liberatorio. Sono Viva, tutto attorno è vivo, tutto intorno è in costante cambiamento. Cosa c’è di più magico?









Allora afferro le cuffiette per ascoltare la mia solita musica e mi soffermo casualmente su di un brano spagnolo che sentii anni fa durante la mia permanenza a Madrid: si intitola ”Que se joda el viento” della band rock Marea.
Mi fisso sulle parole e sull’incalzante ritmo del brano che si fa sempre più duro e comprendo che in realtà il testo invita a rincorrere un amore vero, passionale e reale, di lasciare perdere così i timori, i cliché e le restrizioni sociali che inquinano i rapporti e le persone. ”Che il vento se ne freghi di te e di quel che vuole”, ”che ci lasci il mare che altro non vuole che intortarci a suo capriccio e a suo sfizio, ma tu bagnati con i miei occhi lucidi”.
Uno slogan alla perdizione, all’errore, allo sbaglio che altro non vuol dire che amare per davvero e senza filtri o finzioni.
”Fregatene di quel che la gente può pensare e indossa quel tuo vestito attillato”; nuota nel mare dei sentimenti senza sentirti in colpa, fatti cullare dal caos delle emozioni senza sosta, libera i tuoi desideri profondi e non giudicarti mai.
Faccio mio anche un pezzo di un libro da poco letto e che è stato illuminante e che mi richiama all’attenzione proprio questo concetto- ”Le vostre zone erronee’‘ di Wayne W. Dyer:
“Non tenere conto del presente è quasi una malattia, nella nostra cultura, e noi veniamo continuamente condizionati a sacrificarlo al futuro. Con questo sistema, in conclusione, non solo evitiamo, adesso, ogni godimento, ma la facciamo finita per sempre con la felicità.”
Che alla fine si sa, solo gli insicuri amano la sicurezza. Tutto il resto è inquieto e limpido come l’Oceano Atlantico che si infrange sulle rocce nere e spigolose, senza sosta, senza ragione, senza argini, senza pietà.
Tu non avere timore e segui il flusso.