
L’anno scorso mi son spinta con amici formidabili alla scoperta di una landa meravigliosa e piena di storia, quella del Marocco.
Per dieci giorni di bagaglio a mano ristrettissimo e tanta sete di conoscenza negli occhi, abbiamo davvero visitato il possibile: da Marrakech, a Essaouria, a Casablanca, a Rabat, passando poi per Meknes, attraverso Volubilis, per la preziosa Chefchaouen fino alla imperiale Fes.
Un viaggio davvero tale, fatto di profumi, sapori, spezie, colori mai uguali e territori vari e culture variegate.
Quel che più mi affascina di ogni viaggio però, sono sempre le esperienze fatte di ricordi inusuali e dalle loro persone. Insieme a noi viaggiava Hajar, una bellissima marocchina italianizzata residente a Torino, ma originaria di Rabat.
E se è vero che i viaggi li fanno le persone.. viaggiare con una ragazza così moderna ma con una cultura così differente dalla mia, non poteva che regalarmi un inevitabile “segno”.
Il ricordo più magico della vacanza la ripongo in alcuni dettagli: il conoscere la storia e la religione di Hajar, lo scoprire le tante complicità nonostante punti di vista svariati, l’assistere alle preghiere quotidiane che lentamente divenivano un rito anche per me, e poi quelle chiacchierate genuine su ogni aspetto della vita.
E poi lo scoprire quanta dolcezza, perseveranza e costanza, riponesse Hajar nei riguardo della sua idea di amore, ancora così ingenua, sognante e casta. Ma ricca di sana speranza.
E ancora quella sera famosa e improvvisata, in cui da una notte di hotel a Casablanca ci trovammo a modificare tratta e a dormire ospitati gentilmente dalle zie di Hajar in Rabat. Una notte epica, decisamente poco turistica, ma speciale: non mi succede di rado di venire invitata a dormire a casa di una famiglia intera- dolcissima e iper generosa- di assaggiare un mega cous cous fatto in casa e di bere del buon the alla menta in orario notturno. Ma ancor più inusuale ritrovarci a notte fonda attorniati in tavola, a ringraziare per la gioia del cibo, mentre simpaticamente e assonnatamente proviamo a condividere le nostre storie nonostante la difficoltà comune della lingua.
E come scordare il momento in cui da vera ospite marocchina, son stata letteralmente invitata dalle donne di casa a cambiarmi e ad indossare i loro vestiti regali marocchini, mentre con gli occhi brillanti color ebano delle simpaticissime e dolcissime zie di Hajar, mi sono sentita coccolata come un cucciolino abbandonato.
Un mondo così diverso, ma così prezioso.
Queste sono le piccole cose che mi fanno apprezzare ore ed ore di trasporti, di chilometri, di sballottamenti e che mi ripagano nel profondo.



Ed è proprio quando cercavo di trattenere le risate in mezzo a quello sfavillare di luci e vestiti che mi rendevano così buffamente goffa, che ancora una volta mi è venuta chiara la consapevolezza che il diverso- quando lo impari a conoscere, a interpretare, a studiare senza giudizio- sia bello così com’è, con quelle contraddizioni e quelle stranezze che caratterizzano il mistero dell’Altro.
Un viaggio che cosa non è se non fare i conti, per poi apprezzare, quella diversità: nei sorrisi e negli occhi profondi di chi ancora crede, di chi ti sa mostrare un mondo di valori tutti suoi, e di chi ti rispetta, perchè in fondo- dietro a quegli sguardi timidi e a quella capacità di tenere alti i sogni senza bisogno di condividere troppe parole- siamo così inspiegabilmente simili.
“Inshallah” amica mia.
