Boa Sorte

wonderlust

Ultimamente ho letto un libro meraviglioso, che narrava di imprese e di giorni trascorsi nelle terre amazzoniche da parte di un giovane avventuriero italiano.

Mi han colpito dei pezzi che espongo qui di seguito e che si avvicinano tantissimo al concetto dei miei viaggi e delle mie scoperte nel mondo,in totale fusione con il contesto.

Viaggiare non significa visitare, fotografare e correre via; viaggiare significa immergersi, immedesimarsi, cogliere nel profondo e farsi travolgere e sconvolgere dal mondo. Viaggiare non significa solamente posare lo sguardo, ma diventare parte della visione.
“..ogni ambito della nostra conoscenza e’ infatti, come noi e il nostro parere, in costante evoluzione. Qualsiasi situazione sperimentata in passato, non sarà mai uguale a qualcosa di simile che deve ancora accadere; un bacio dato ieri non poterà con se’ le stesse emozioni di quello che stiamo per dare. E’ in questa novità, nell’ irripetibile unicità di ogni momento, di ciascun essere e di ogni emozione, che possiamo gioire. Scopriremo così che la felicità vibra in ogni singolo istante di gioia che avremo il coraggio di provare. Se avremo coraggio, se sapremo agire con il cuore, ci accorgeremo che la felicità non si incontra esclusivamente in ciò che ci va bene, ma anche nelle prove e nelle difficoltà che sapremo superare; se vivremo con gioia e positività ogni istante della nostra esistenza, allora sarà lì che la riusciremo a trovare.

Sono sempre stata una piccola nomade, ho vissuto all’estero e sono profondamente legata alla scoperta, al valore dello scambio, alla condivisione tra differenti approcci culturali.

Quest’estate mi sono riproposta di volermi stupire, e, misurando la vecchia vera me-ahimè spesso assopita da giorni di lavoro fatti da ore scandite da orologio, traffico e mail aziendali- sono salpata verso l’ignoto.

Nonostante la pigrizia, le voci esterne e i consigli dei più (“attenta! sono luoghi molto pericolosi!“), presa dalla voglia maniacale di conoscere, mi son finalmente convinta e son volata via per terre inesplorate..destinazione: Brazil.

Il viaggio è stato molto intenso, non senza difficoltà e ‘pericoli’ quotidiani, ma ne è davvero valsa la pena: è proprio vero, i paesaggi erano incommensurabili, le atmosfere genuine e solari, la vegetazione folta e selvaggia. Da Rio de Janeiro, a Salvador de Bahia, passando per Morro de Sao Paulo (che paradiso!), quindi Recife, Japaratinga, Penedo, Sao Cristovao, per giungere fino Pipa e quindi terminare attorniati dall’oceano più blu in quel di Fernando de Noronha.

Un viaggio che ha rappresentato l’ennesima conferma di quanto poco mi freghi delle dicerie e dei giudizi esterni, e di quanto sia profondamente salutare vagare- ovviamente con accorgimenti e le dovute attenzioni- curiosare, immedesimarsi, approfondire un mondo non sempre e solo chiaro e lucente, ma riflesso di ombre e sfumature.

Come quando siamo andati in visita della favela più grande e forse più conosciuta di Rio de Janeiro, la comunità di Rocinha.

Conoscere la parte più difficile e reale di Rio mi ha permesso di relativizzare i miei problemi, che spesso mi avvolgono e mi totalizzano quasi come se il mondo ci girasse attorno. Ebbene la favela è un micro mondo, dove trovi di tutto, parrucchieri inclusi. Nel caos strutturale e labirintico del piano urbano, mi ha colpito la puntuale organizzazione con cui gli abitanti serpeggiano per le vie, non curanti dei turisti che passeggiano con aria sospettosa ed impaurita.

Un ragazzino ci insegna l’arte dell’attesa e del sorridere di cuore nonostante le difficoltà. Chapeau. Più affronto la traiettoria grigia delle scalinate pericolanti della favela, più mi capacito di quanto fortunata sia ad aver voluto partecipare a quel tipo di esperienza, così differente dal sogno brasiliano fatto di cartoline magnifiche e di spiagge tropicali che siamo abituati a conoscere.

Una Rio povera e misera, ma non di cuore: ricorderò sempre l’allegria e l’integrità infinita degli abitanti di Rocinha, che senza volerlo mi hanno donato un sorriso sincero. Uno scambio equo quello che ha visto i miei pensierini affidati ai bimbi della Onlus ”Il sorriso dei miei bimbi” di Barbara Olivi, in cambio della loro contentezza e della loro contagiosa solarità. Piccole grandi cose che fanno bene al cuore. Eh si, forse di fronte alla scelta così impegnativa di viaggio ho desiderato in parte proprio questo, un motivo semplice e spontaneo, che annullasse i tanti troppi musoni frutto di una società abituata al lusso.

E ancora una volta ripenso a quanto sia bello “tuffarsi” in un luogo, che immergersi non significa solo fare pit stop e ”piazzarsi” la firma, ma letteralmente farsi travolgere, sconvolgere, capovolgere, porsi domande ripetutamente e di nuovo ricrearsele, senza sosta né limitazioni. Che viaggiare non è solo stare con le persone del gruppo, ma conoscere gente locale e abbracciarne anche gli aspetti più infelici. Che meraviglia viaggiare. Quando lo si fa davvero non puoi farne più a meno, si dice che ne torni con occhi diversi. Con occhi nuovi.

Potessi vivrei tutta la mia vita rincorrendo il sogno di esplorare sempre nuovi confini, e spero di non stancarmene mai.

Sono partita con innumerevoli dubbi e paure istillate perlopiù dai media (grande arma a doppio taglio, seppur da lavoratrice ne faccia strumento anche io) , e sono tornata con ben altre conferme: così come per conoscere le persone bisogna studiarle e non lasciarsi condizionare da giudizi esterni, lo stesso vale per i posti da visitare, talvolta banalmente giudicati e frettolosamente categorizzati.

I brasiliani non sono affatto falsi, bugiardi o aggressivi. Probabilmente, una piccola parte del totale popolazione lo è. Come oer tutti i popoli, zero eccezioni.

E come sempre è bene dosare le parole, perché le stesse possono infierire e approssimare e creare stereotipi, proprio quelli che contribuiscono a diffondere pregiudizi. E i pregiudizi sono impossibili da rimuovere senza la volontà di andare oltre, di approfondire, di non lasciarsi influenzare, ma con rigore bisogna permanere oggettivi. E credetemi, per farlo ci vuole grande pazienza e ancor più grande apertura mentale.

Io auspico questo alle persone che vogliono intraprendere viaggi in posti lontani, o che semplicemente vogliono vivere la vita lontano dalla superficialità collettiva: abbiate ubris, coraggio, follia, usate testa ma lasciatela flessibile; se ci tenete, fate voi stessi quei famosi giudizi, testate con occhi imparziali e neutrali quelle considerazioni ma non prima d’esservi avvicinati al mondo con le vostre stesse gambe.

Conoscere persone belle, chiudere gli occhi e decidere di far scorrere tutte le dicerie si può.

Viaggiare è cambiare opinioni e giudizi, è allentare il discorso di confini e di barriere territoriali. E se davvero esse esistessero solo nella testa di qualcuno?

E poi, quando prendi la funivia per salire a Pan de Azucar e gustare il tramonto della città dall’alto, ti mancano le parole per quanto è bella. Rio, ciudad maravillosa, e’ come un quadro impressionista di Monet che lascia senza fiato.

Dall’alto del suo silenzio assordante e dei suoi infiniti contrasti colorati, commuove.

Manca il respiro da quanto è bella da lassù, con le sue luci, i suoi colori, le sue baie, i suoi promontori, la nebbia, il sole e l’aria frizzante.

Così come lo fa tutto quel territorio così vario e mutevole da non poter essere racchiuso dignitosamente in nessuna foto.

E ti sovviene una frase letta e riletta che calza a pennello di fronte alla contemplazione di questo paradiso:

Il viaggio comincia laddove il ritmo del cuore s’espone al vento della paura.

Perciò ricordatevi sempre che non potrete attraversare e l’oceano se non avrete il coraggio di perdere di vista la riva. La riva della confort zone, dei pregiudizi, delle frasi fatte, del ”sento ma non provo”.

Quindi Vivete e rivivete quelle emozioni, fidatevi dell’istinto e lasciatevi trasportare dal ritmo più vero che fa rima con samba, colores, bossanova, dolcezza, alegria e passione.

Saudade y coragem. C’è un mondo intero là fuori, bisogna solo andarselo a prendere.

Obrigada por conhecêrte querido Brazil.

Santa Teresa, Rio de Janeiro

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